Giornata Mondiale del malato con la biblioterapia:
“La Speranza è un farmaco” di Fabrizio Benedetti
Ammalarsi implica sempre una sofferenza fisica, ma anche psicologica.
La malattia organica, che sia acuta o cronica, lieve o grave, rappresenta nella vita della persona che si ammala un punto di rottura del proprio ciclo vitale. Soffrire di una malattia implica inevitabilmente “un prima” e “un dopo” nella propria vita, generando sofferenza, ansia, rabbia e paura.
Fabrizio Bendetti, professore di nerurofisiologia all’Università di Torino ed esperto mondiale nell’effetto placebo, nel suo libro intitolato “La speranza è un farmaco” scrive:
“Tutti noi speriamo in qualcosa. Ma il malato spera più di ogni altro. Spera di guarire, e quando non c’è speranza di guarigione spera di vivere in eterno […] La speranza è il desiderio e l’aspettativa che il futuro sia migliore del presente[…] Con la speranza si affrontano situazioni difficili in tutte le stagioni della vita, ma la malattia e la disabilità sono certamente condizioni che più di altre ne innescano i meccanismi”.
Lo scienziato spiega come il cervello sia dotato di bersagli chimici che possono essere colpiti efficacemente sia dalle parole e dall’interazione sociale, sia da molecole e farmaci. Le speranze, la fiducia e le aspettative del paziente muovono una miriade di molecole nel cervello e, alla luce delle scoperte recenti, tale componente psicologica usa gli stessi meccanismi dei medicinali.
Questo significa che l’approccio alla malattia deve essere un approccio multidisciplinare, che comprenda un approccio fisiologico e psicologico.
Nell’arco della nostra esistenza può capitare, anche spesso, di dover cambiare abitudini per tantissimi motivi diversi. Uno di questi, se non il principale, è lo stato di malattia. In questo caso ciò che va compreso e accettato è che la vita va vissuta ugualmente, con tempi e modalità differenti. Questo, però, non significa che il cambiamento attuale sia necessariamente meno valido e soddisfacente del precedente. Ancorare il pensiero a ciò che è stato o sui limiti imposti dalla malattia impedisce l’adattamento, influenza negativamente l’umore, le relazioni interpersonali, e può anche amplificare la percezione del dolore stesso.
Per questo motivo può essere utile un aiuto psicologico ed è fondamentale anche un atteggiamento del medico orientato all’ascolto del proprio paziente.